Se la Grandine a Maggio: Quando l’handicap arriva dopo Dio

Il titolo del romanzo di Rolando Rizzo contiene già nella sua sinteticità il disegno essenziale dei suoi contenuti.

La vita nella sua bellezza somiglia talvolta a una distesa verde di grano maggese che promette una ricca raccolta d’estate, ma che basta la grandinata violenta di un’ora appena per stravolgerla in disperata desolazione.

Esistono due tipologie fondamentali di handicap: quello procurato dal narcisismo e dalla irresponsabilità e quello che appartiene alla lotteria dei cromosomi. Entrambi devastano spesso famiglie felici, o comunque li costringono a rimodulare l’intero percorso esistenziale con esiti talvolta eroici altre volte desolanti.

Nel romanzo di Rolando Rizzo, entrambi i due tipi di handicap piombano come folgori in una famiglia e in una comunità agiata e fortemente religiosa, abbattono comode maschere, luoghi comuni, apparenze esaltanti, per rivelare la vera materia di cui siamo fatti e le scelte di fondo con i quali ognuno deve fare prima o poi i conti quando “cade la grandine a Maggio”.

Il romanzo racconta di solidarietà e di tradimenti, di vite che si intrecciano, che si perdono, che si redimono, che inconciliabili tutte si riconciliano alcune a segnare nuove stagioni di libertà e d’amore.

Se la Grandine a Maggio (Versione Inglese) If It Hails in May: When handicap comes after God

The title of Rolando Rizzo’s novel already contains in its conciseness the essential design of its contents.

Life in its beauty sometimes resembles a green expanse of fallow wheat that promises a rich summer harvest, but an hour’s violent hailstorm is enough for it to become desperate desolation.

There are two fundamental types of handicap: one caused by narcissism and irresponsibility and the other that belongs to the chromosome lottery. Both often devastate happy families, or in any case force them to remodulate their whole existential path sometimes with heroic and, otherwise, desolating results.

In Rolando Rizzo’s novel, both types of handicap plummet like lightning upon a family and its wealthy and strongly religious community, breaking down fronts, clichés, exalting appearances, to reveal the real substance we are made of and the basic choices everyone sooner or later has to deal with when “hail falls in May”.

The novel speaks of solidarity and betrayal. Of lives that interweave, that are lost, that are redeemed, that in being irreconcilable are all reconciled, some to trace new seasons of love and freedom.

Se la Grandine a Maggio (Versione Spagnola) Si Graniza en Mayo: Cuando la discapacidad llega después de Dios

El título de la novela de Rolando Rizzo ya contiene, en su concisión, el diseño esencial de sus contenidos.

La vida en su belleza a veces se asemeja a una extensión verde de trigo en barbecho que promete una rica cosecha en el verano, pero es suficiente una violenta tormenta de granizo de una hora para ponerlo patas arriba en una desolación desesperada.

Hay dos tipos básicos de discapacidad: la adquirida por el narcisismo y la irresponsabilidad y la que pertenece a la lotería de los cromosomas. Ambas a menudo devastan familias felices, o en cualquier caso las obligan a remodelar todo su camino existencial con resultados a veces heroicos y a veces angustiantes.

En la novela de Rolando Rizzo, ambos tipos de discapacidad caen como un rayo sobre una familia y una comunidad rica y altamente religiosa, derriban cómodas máscaras, lugares comunes, apariencias emocionantes, para revelar el verdadero asunto del que estamos hechos y las elecciones con las que todos tienen que lidiar tarde o temprano cuando “cae el granizo en mayo”.

La novela habla de solidaridad y traiciones, de vidas que están entrelazadas, que se pierden, que se redimen, que todo lo irreconciliable se reconcilia, algunas para marcar nuevas temporadas de libertad y amor.

Quel Mulino 

“Quel Mulino” (edizione successiva de “Il Mulino sul Colagnati”) è un racconto di carne e di sangue, d’amore e di morte, di riscatto e di speranza ambientato nelle campagne di Rossano calabro prima che i contadini morissero alla loro identità meravigliosa e dolente per l’anonimato nelle grigie fabbriche del nord.

L’autore racconta quell’universo di colori e fragranze, di amori e di vita con gli occhi di un bambino strappato al suo giardino incantato.

Rolando Rizzo lasciò quel mondo nel 1958, quattordicenne, affamato, cencioso e analfabeta, per diventare aiuto giardiniere in una Villa Medicea del ‘400 disegnata da Michelozzo. Animo tendenzialmente ateo si trasformò in uomo di fede, analfabeta sino ai 21 anni fu segnalato come poeta da Mario Luzi. Dopo un lungo girovagare, ritornò alla Villa Medicea come professore di teologia.

Dopo la pubblicazione di numerosi lavori di divulgazione e narrativa teologica, nel 2007 pubblica sotto altro titolo questo primo romanzo salutato come un capolavoro a cui seguiranno Il Viaggiatore, Il Terzo Treno, Cieli Tamarri, Il Nulla e l’Incanto, Il Principino Scomparso…

*** Recensioni

Pierantonio Zavatti, pres. “Oscar Romero” di Forlì
Una poeticità descrittiva e narrativa che incanta.

Rosanna Ricci de Il resto del Carlino
È un libro di avvincente lettura perché nessun episodio risulta banale.

Cataldo Russo, pres. del Gerolamo Cardano di Milano
Rolando Rizzo usa la penna con la stessa abilità con cui i grandi pittori impressionisti francesi usavano i pennelli e dosavano i colori.

Il mulino sul Colagnati

Una storia calabrese

Un viaggio emozionale nella memoria e nell’anima della Calabria rurale degli anni Cinquanta e Sessanta. Un romanzo intriso di realismo, ritmato dalle atmosfere del Sud, in cui l’autore traccia una storia fatta di pulsioni, sentimenti familiari contrastanti, sensualità mediterranea, cambiamenti e lotta per la sopravvivenza. Sullo sfondo il lento inesorabile scorrere del fiume Colognati che procede incessantemente come i destini degli uomini che abitano sulle sue sponde.

Il viaggiatore

Nel romanzo “ Il viaggiatore” Rolando Rizzo narra con forti accenti evocativi di una partenza dolorosa verso la speranza, e di un percorso tormentato e talvolta drammatico che approda ad una felicità ricercata con ostinazione e senso del limite. Una vicenda assai simile a quella di tanti ragazzi del quarto e quinto mondo che lasciano in lacrime i colori della propria terra, i compagni di giochi, quando il gioco è la vita, le mamme, i nonni, per inseguire un sogno che spesso è costellato da incubi.

Il viaggiatore , romanzo di formazione , racconta di un ragazzino di 14 anni, mai uscito dal suo paese, che lascia in lacrime l’acrocoro di Rossano calabro sullo Ionio su un treno affollato di emigranti, determinato a realizzare il disegno di una nuova, più ricca e matura identità, a Villa Aurora, una villa principesca sulle colline di Firenze, attribuita a Michelozzo, a due passi dalla villa di campagna di Lorenzo il Magnifico .

La visione che agli inizi pare facilmente realizzarsi diventerà presto un miraggio e un incubo. Troppe le differenze tra il suo mondo e il mondo nuovo che era compatibile solo nei suoi sogni di bambino. Il protagonista sarà costretto a vagabondare alla ricerca di un baricentro spirituale e morale per riscoprire e ricomporre il mosaico della sua famiglia che una tragedia aveva violentemente frantumato. Alla fine prevarranno la misericordia e l’amore anche se, numerose volte, sarà sfiorata la morte morale e spirituale.

Il romanzo, ricco di poesia, si impernia sul vissuto dell’autore, ma si apre, attraverso suggestive metafore letterarie, ad un mondo di personaggi ricchi di umanità e di grande spessore psicologico, che il narratore con la sapiente tecnica di un “ puparo siciliano” mette in campo con commossa partecipazione.

A Rolando Rizzo ben si addice ciò che era solito dire Eduardo De Filippo della sua opera:- Ho respirato la sofferenza di tanta gente.

Gennaro Oriolo

Il terzo treno

Rolanduzzo a 27 anni compie gli studi, sposa l’unica donna della sua vita. Il viaggio di nozze inizia salendo sul secondo treno della sua esistenza che lo porterà in Piemonte a vivere la sua vocazione di manovale della Parola, di servitore della speranza. Sono gli anni 70 dell’emigrazione meridionale al nord, dell’abbandono delle campagne per le catene di montaggio, della contestazione giovanile, del terrorismo. Il giovane pastore protestante, fortemente tentato dagli ideali comunisti, vive la sua avventura di marito, di guida comunitaria sempre pericolosamente, alla ricerca di senso, di coerenza— e incontra la varia umanità: l’invasato religioso, l’handicappato, il saggio, il colto, il terrorista ex compagno di studi:una galleria ricca di  una varia umanità meravigliosa e dolente, e paradossalmente, ma non troppo per il suo temperamento focoso che ricerca l’ assoluto, il suo migliore amico, il suo confidente, il suo consigliere. E’ don Secondo un prete di cui non condivide la teologia ma di cui sente la sintonia dell’anima.

Cieli tamarri. La comunione dei numeri ultimi (racconti)

l protagonista dei 17 racconti di Cieli Tamarri è il diverso, tale per cause variegate prive di qualunque responsabilità personale; diciassette esseri umani calati dalla vita in una tragedia: la guerra, la malattia, l’emarginazione sociale, la povertà, il contesto malato di violenza, l’inganno, il tradimento. Diciassette esseri umani che però hanno attraversato il loro deserto con creatività, con fantasia e dignità.

Tutti questi tipi l’autore li ha incontrati da bambino, hanno acceso la sua fantasia, ha voluto immortalarli in una galleria di affreschi: con i colori dei loro amori, delle loro passioni, dello splendore dei loro cieli tamarri.

Li nomina con i nomi dialettali con i quali sono stati caratterizzati nel paese: Cicciu ‘e facionneddu, il facchino sanguigno e gaudioso che vive nelle grotte di tufo, Mastro Dàviru ‘e strampalario, il venditore ambulante avaro e innamorato che infine conquista l’amore impossibile, Giuvannu foco ara cura, che era tornato da Mauthausen con una fiamma eterna che gli consumava il cuore, la prostituta che trova la liberazione in un figlio voluto, Graziedda a ciota (“la ritardata”) che realizza una favolosa storia di amore…

Il nulla e l’incanto (raccolta di poesie)

Il pastore protestante emerito Rolando Rizzo nasce alla letteratura attraverso la poesia. Ancora studente partecipa per due anni consecutivi ad un Concorso letterario (Lo Sprone, in Piazza del Giglio a Firenze) che ha una giuria di eccezione formata da Mario Luzi, Carlo Betocchi, Nicola Lisi, dei quali, però, allora nulla sa e nulla saprà per anni, avendo dimenticato i diplomi ricevuti.

Ogni volta viene premiato con una medaglia d’oro, ma non conoscendo la statura dei suoi estimatori scrive poesie per anni con il forte dubbio del loro reale valore.

Dopo aver scritto tre romanzi e un volume di racconti, spinto dai suoi amici pubblica una breve raccolta di poesie che raccontano la sua ricerca esistenziale e di fede.

Le poesie giovanili raccontano le prime emozioni provate davanti all’incanto della vita, poi, nel tempo della maturità, canta come in un moderno salterio i tormenti della fede e le sue certezze.

In ogni composizione risalta il dolore davanti ai mali del mondo, ma anche stupore davanti ai misteri e ai miracoli dell’esistenza, particolarmente di fronte ai colori e alla generosità della natura.

Essendo stato pastore di immigrati romeni avventisti, in loro onore e in onore di tutti gli immigrati, alla Romania è dedicato uno dei poemetti più belli del volume.

La raccolta, inoltre, è bilingue. Una poetessa romena ha tradotto tutte le composizioni, che sono pubblicate a fronte.

Il principino scomparso

Nella Calabria rurale degli anni Cinquanta, sulle rive del fiume Trionto che scende dalla Sila, vive una coppia di sposi innamorati che gode della gioia di due figli che paiono gemelli, e una governante che è ormai di fatto la mamma affettuosa dei due genitori e la nonna amorevole dei ragazzi, belli, intelligenti, legatissimi l’uno all’altro e alla famiglia.

La coppia di sposi, dopo la distruzione del loro aranceto durante una tracimazione drammatica del Trionto, era emigrata in Germania, da dove era ritornata dopo pochi anni con due bambini e una grossa fortuna che avevano investito in un’azienda agricola modello che dava da vivere a numerose famiglie.

Improvvisamente però uno dei due ragazzi scompare, gettando tutti nello sgomento, senza lasciare alcuna traccia e senza che i famigliari riescano a darsene una pur minima ragione.
Risultando inutili le ricerche della polizia e quelle dell’intero paese, la coppia ingaggia Capone, un famoso detective napoletano che ha risolto casi simili.

Capone, che vivrà due anni nella cittadina calabrese sede del dramma, raccoglie con certosina pazienza e determinazione indizi su quanti avrebbero potuto trarre interesse dalla sparizione del giovane e riconosciuto principino. Poco a poco toglie il pesante velo su un mondo che si dimostra assai diverso da come appare e che cela incredibili sorprese. Capone, anche attraverso abili travestimenti, segue diverse piste spingendosi sino in Germania tra gli immigrati calabresi, sino a quando scopre l’arcano.

Le ricerche danno all’autore la possibilità di dipingere una galleria di personaggi universali, nei quali ogni lettore può riconoscersi in parte o in toto.

La viola e i gigli dei campi 

PIl romanzo, di ispirazione autobiografica, racconta la nascita della passione calcistica, gioco dei poveri che sognano in qualsiasi spazio libero con palle di stracci, di gomma o addirittura barattoli.

L’autore, nell’infanzia, giocando con le figurine dei calciatori si innamora del colore viola e poi della squadra di calcio contemporaneamente alla vocazione religiosa.
Il racconto narra il dramma esistenziale del bambino che a 14 anni emigra a Firenze e vive intensamente sia la passione sportiva che quella religiosa seguendo il cammino agonistico della Fiorentina che culmina con la conquista del secondo scudetto. Contemporaneamente cresce soprattutto la sua passione religiosa raggiungendo poco dopo il traguardo spirituale e professionale che si era prefisso: essere un pastore Avventista

LA TRILOGIA: Il Mulino sul Colagnati, Il terzo terno e Il Viaggiatore

La trilogia è l’opera più corposa e densa di Rolando Rizzo. 

Non si tratta di un’autobiografia, ma di una riflessione poetica sulle tre maggiori fasi dell’esistenza di cui il proprio vissuto è spunto di tante storie. Il Mulino racconta l’infanzia vissuta sull’acrocora e nelle campagne di Rossano calabro, il Viaggiatore evoca la giovinezza trascorsa tra Firenze e la Toscana, Il Terzo treno evoca la maturità il cui teatro è stato la cittadina di Asti e le colline del Monferrato.

Ognuno dei tre volumi può essere letto autonomamente, pur se i tre sono profondamente collegati. Manca il quarto volume sulla vecchiaia e la morte che l’autore ha deciso di non scrivere per evitare che un’opera letteraria si trasformi in autobiografia.

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